mercoledì 28 maggio 2008

Giro d'Italia


Si è più malati di Surfismo all’inizio della pratica del Surf o dopo tanti anni che lo si pratica? A questa domanda è difficile dare una risposta esauriente. Gli specialisti sono divisi. Se si analizzano i dati statisticamente, forse la malattia progredisce con il passare del tempo. Però il semplice dato statistico deve sempre essere accompagnato dal dato qualitativo. Questo episodio narra le gesta iniziali di un gruppo che prende coscienza della propria malattia quando essa esplode improvvisa durante indimenticabili weekend.

Era l’epoca dei pionieri. Era l’epoca dei primi telefonini. I pedaggi autostradali si pagavano ancora in lire e durante i weekend la cassa comune raggiungeva cifre a cinque zeri. Era un epoca pura, veramente la passione la faceva da padrona. O meglio, forse più che passione, avremmo dovuto definirla gia allora malattia. Pura. Ma sempre di malattia si trattava. Gli studi al riguardo però non la indicavano come una patologia. Si d’accordo, alcuni soggetti avevano dei comportamenti strani. Però la medicina non aveva ancora intenzione di dedicare studi e analisi al fenomeno. Il fenomeno era ancora circoscritto.

Ci eravamo ammalati all’incirca tutti nello stesso periodo. Io e Felix, dopo un viaggio in California. Ivan, dopo un weekend al Forte vinto con un concorso a premi. Gighen dopo alcune uscite a Finale e Andora. Il problema era che eravavamo alle prime armi e facevamo gruppo. Eravamo molto sprovveduti.
Si parlava di onde, di tavole e di Surf tutta la settimana. Da sfinimento. Poi con l’approssimarsi del weekend si iniziava la girandola di previsioni: vento da Nord, vento da Sud, alta pressione, isobare, minimo barico. La meteorologia iniziava ad essere un’ossessione. Ricordo che ci volle qualche mese prima di capire come funzionasse la faccenda: vento da mare, porta onde. Però se non cessa, le rovina. Vento da terra, spiana. Però se non è fortissimo, regolarizza. Che ignoranza, noi esseri milanesi, abituati tutto l’anno a bandire la natura dalla nostra vita quotidiana.

Era l’epoca della sfera di cristallo. Internet non esisteva. Tanto meno le webcam. Quando ci si metteva in strada era sempre una scommessa. Minimizzare i rischi di non trovare onde, era un’impresa pressocchè impossibile. I mezzi utilizzati erano diversi: Pag. 416 2/7 del Televideo; cartina con previsione della Gazzetta dello Sport; report della segreteria telefonica di surfnews.

Tutti estremamente pericolosi.

E poi c’erano le intuizioni. Mamma mia che paura le intuizioni. Verso giovedi, qualcuno partiva con un “Me lo sento, c’è onda”. Qualcun altro rispondeva “C’è vento da Sud, si parte”. E autoconvincersi era semplicissimo. Insomma, si confondeva la voglia, il desiderio con la realtà!!! La durissima realtà.

Il mezzo più infallibile, valido tutt’oggi, era il telefono. Chiamare sul posto per avere notizie del mare era pressocchè d’obbligo. Ecco allora che ad ogni Surf trip in Liguria, Toscana, Romagna, si faceva di tutto per prendere numeri di telefono utili per i nostri bisogni. All’inizio si cercavano le ragazze. Così si univa l’utile al dilettevole. Poi però ci si rendeva conto che erano una fonte di informazioni pressocchè nulla. Allora ecco che l’obiettivo passava su surfer locali, bar sulla spiaggia, surf shop locali.
Ma l’assurdo era che quando al sabato si chiamava per avere notizie e spesso ci si sentiva rispondere: “No, non c’è niente...è piatto”, si iniziava a mettere in dubbio la veridicità delle risposte. “Impossibile”; “come fa a dire che è piatto che le previsioni dicono che cè vento da Sud” e così via...E allora si partiva lo stesso. Minchia che musate!!! Era divertente, il viaggio d’andata. Fino all’uscita dal casello, quando con l’approssimarsi della meta la tensione iniziava a salire, la salivazione veniva azzerata, la digestione interrotta, i crampi salivano allo stomaco, la radio della macchina veniva spenta, le ultime preghiere venivano recitate in un irreale silenzio. Poi la vista del mare diveniva liberatoria in tutti i sensi. Allentava la tensione. E poi via in acqua vestiti, tanta era la voglia. Oppure, increduli, delusione più nera e dietrofront a testa bassa, se il mare era piatto.

Fu proprio uno di questi weekend che ci fece realizzare il nostro stato di Surfismo più cronico. Ho detto prima che era l’epoca dell’incoscienza, della passione più sfrenata. A quel tempo niente e nulla poteva fermarci. La nostra meta prediletta era la Liguria. Avevamo come base d’appoggio Finale Ligure. Grazie all’ospitalità della casa dei miei, potevamo partire la sera prima, dormire li e svegliarci alla mattina facendo pochi chilometri per arrivare agli spot. Sprovveduti come eravamo, avevamo deciso di non portare avanti e indietro le tavole, ma di lasciarle alla nostra base di Finale. Niente di più sconsiderato. A metà settimana qualcuno inizia ad avere premonizioni sul weekend di onde. Era giugno, un bel periodo, dove le perturbazioni arrivano e la temperatura inizia ad essere calda. Le cartine parlano di vento da Est o perlopiù di scirocco. Minchia la Romagna!!! Bello surfare in Romagna. Bella gente, si mangia bene, ci si diverte. E allora? Che si fa? Neanche a pensarci: sabato sera, si parte. Si perchè si aspettava la chiusura del negozio di Felice per partire.

Milano-Finale 2 ore: 210 km; arrivo verso le 22.30. Cosa facciamo, volete andare a dormire, così presto? Ma neanche per sogno, birraccia da Pilade. A nanna storti verso mezzanotte e mezza. Sveglia alle quattro e trenta della mattina, carichiamo le tavole e via che altrimenti si fa tardi.
Finale Ligure-Bivio Parma-Livorno: 160 km; arrivo verso le 6.30 del mattino. Che si fa? Ma neanche a chiederlo: VENTO DA EST, QUI SPIANA, IN ROMAGNA E’ BUONO!!!
Via allora si prosegue: Bivio Parma-La Spezia – Milano Marittima: 340 km; arrivo verso 10.30 a destino. SFATTISSIMI. Minchia che tirata.
Barcollando scendiamo dalla macchina. Giusto il tempo per una veloce stiratina ed ecco lo spettacolo del mare...PIATTISSIMO...solo un’ondina di risacca piccola piccola. Forse non ce ne rendiamo conto, entriamo in un bar per una colazione ristoratrice. Quando usciamo i musi iniziano a farsi lunghi. La triste e dura realtà, eccola qua. Inesorabilmente PIATTO.

Passammo la mattinata e tutto il pomeriggio a dormire in spiaggia, cercando di recuperare le ore di sonno perse a causa della levataccia. Ci risvegliammo bruciacchiati dal sole di giugno. Girammo un paio di Surf shop locali, giusto per tirarci un pò su di morale. Ripartimmo verso le 18.
Riccione-Milano: 330 km; 3 ore e mezza. Arrivo a destino ore 22.
Bilancio: 24 ore di tempo; 11 ore di viaggio; 1040 km. percorsi; svariati litri di benzina consumati; svariate lire di benzina consumate; svariate lire di casello pagate;
zero onde surfate.
Prognosi medica: Surfismo fase terminale.
Giudizio popolare: quattro deficienti a fare il giro d’Italia!!!!

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